Jacopo Perfetti
2007
Street Art Sweet Art, Milano.
La street art è indomabile, sexy e caustica. Non ha confini predefiniti, provoca con sensualità e altera le superfici con cui viene a contatto. Colpisce e si dilaga come un virus che fa della strada il proprio media e del graffio il proprio strumento di propaganda. Nata dalla caotica spontaneità improvvisata di Twombly e dal primitivismo "bruto" e informale di Dubuffet, la street art è la risposta artistica al cannibalismo consumistico e al bombardamento mediatico di fine secolo. Soffoca l'horror vacui della città in una vertigine di adesivi, stencil e manifesti che ricoprono muri, pali e palazzi, trasformando situazioni urbane in opere di arte contemporanea pubblicamente fruibili. Quello che mi ha sempre affascinato della street art è la sua anima punk. Quella nata nel ghetto alla fine degli anni Settanta. Quella di A. One, di Ronnie Cutrone e di Basquiat. Quella scolpita sui muri di New York, città-tempio della cultura post moderna, dove Futura 2000, Buggiani, Haring, Taki 183 facevano del contorno urbano la propria galleria a cielo aperto, lasciandosi guidare unicamente da una pulsione interna che come una bomba liberava fuochi e colori nell'aria. E' molto difficile trovare la stessa energia in altre espressioni artistiche. Perché l'arte, da Duchamp in poi, si è chiusa in se stessa alimentata da un circolo vizioso di gallerie e musei che ne hanno soffocato l'istinto e sbiadito i colori. Dopo sei anni di street art e dopo sedici edizioni dell' Illegal Art Show ancora sento il bisogno di godere di questa energia. Di godere dell'effimera monumentalità di un'arte No future, di un'arte nata sui muri, fruita quando ancora la vernice è fresca e cola tra le insenature di una superficie ruvida che gli dona vita. Questa è la vera potenza della street art, la sua genuinità. Perché chi dipinge su un muro lo fa solo per il bisogno di fare arte, per il bisogno di conquistare spazi che gli vengono negati, per dare il suo contributo al prossimo. Per stupirlo, per irretirlo, per donargli una parte di sé. Un'opera di street art non può essere venduta. Non segue direttive esterne da chi la produce. E' estranea a qualsiasi dinamica corrosiva e claustrofobica. Annulla qualsiasi intermediario e riporta l'Arte a parlare con il proprio pubblico. Perché la street art più che un movimento è un mezzo di espressione applicabile a qualsiasi declinazione artistica. Dalla pittura alla poesia. Dalla scultura alla fotografia. La street art scuote la dialettica artista - fruitore in un'interazione mobile e avvolgente. Sorprende e trasmuta. Crea significato. Inganna, affabula e adesca. Non è uno stile - è una necessità di comunicare. L'assalto poetico di ivan, i lemeri di Linda, le gigantografie di Abbominevole, le donne timide e sensuali di Nais e i puppets rock star di Tvboy, gli scarafaggi urbani di Pus e i pinguini metropolitani di Pao sono tutti metonimie di una grande corrente che scorre dentro la città generando fermento e caos sotto gli occhi di tutti. La vera essenza della street art è la collettività. Ogni artista è parte di un'opera collettiva che si frantuma tra le vie della polis creando significanti molteplici di un significato unico. L'iter classico di fruizione artistica viene spezzato, tagliato e riproposto come in un film di Tarantino dove le scene si mescolano e i personaggi si confondono in un post situazionismo nato dalle ceneri dello spettacolo moderno. Street art a Milano vuol dire passare dai murales di Bros e Sonda ai manifesti di Bo130 e Microbo, dalle rivisitazioni neoclassiche di Ozmo ai detournement neovintage di Dade per ritornare ancora, dopo pochi metri, alle installazioni di Bros. Nel pensare l'allestimento della mostra Street Art Sweet Art abbiamo cercato di mantenere vivo questo senso di decostruzione del percorso espositivo alternando installazioni e opere di artisti diversi in un mix di stili e forme che contemplasse tutte le divagazione di un'arte poliforme che spesso scivola in declinazioni non-artistiche. Non a caso parte della mostra è dedicata a tutti i prodotti (magliette, gadgets, toys, borse, poster...) derivanti dalla street art che, dal Pop Shop della coppia d'oro Haring/Warhol in poi, hanno caratterizzato questa espressione artistica. La street art è dunque una decostruzione ingegnosa di un contesto popolare, anonimo e indefinito che diviene oggetto di un significato nuovo, artistico e contemporaneo. Perché la street art trasforma, scolpisce e inventa situazioni nuove bucando la vertigine di un percorso artistico preconfezionato fatto di gallerie e televisioni mercato. Ed eccoci al cuore di questa mostra e alla difficile definizione di un'estetica nata dalla precarietà di un'arte site-specific che, come per altre espressioni artistiche, land art in testa, è difficilmente riproducibile in un contesto differente da quello originario. La street art è un'arte partorita per decontestualizzare un contesto che occupa e di cui diviene parte inscindibile. Definire, dentro i contorni estetici di un'istituzionalità altra, l'immaginario di un'arte nuova derivante da una comune matrice di stampo urbano, non è stata un'impresa facile. Quello che abbiamo voluto proporre in questa mostra è dunque l'esperienza immaginaria di un luogo che non c'è. Un Walhalla ideale di una street art slegata dalla street, per interrogarci su di un'estetica possibile e su uno sviluppo che, spero, non si allontanerà troppo dalle sue origini. "The truth is out there".