Caro Pao
Alessandro Mendini
2010
Mondotondo, Milano.
Alessandro Mendini
2010
Mondotondo, Milano.
Titolo: Quali cose siamo - III Triennale Design Museum
Curatore: Alessandro Mendini
Editore: Electa
Anno: 2010
Pagine: 478
Lingua: Italiano, English
ISNB: 978-88-370-7673-3
Dario Fo
2010
Mondotondo
A una prima occhiata, appaiono come pupazzi fatti per gioco a incanto dei ragazzini: ci indovini subito ochette e pinguini che sgambettano per strade di pavè e sampietrini. Questa è l'impressione prima delle pitture di Pao.
Ti vien da temere che passi una macchina a tutta velocità a farne scempio, infatti, sul fondo, qualche automobile seguita da tram e camion transita. Per fortuna c'è un semaforo issato su una possente canna di palma, al posto delle banane o del cocco, che blocca il traffico; ma il vantaggio di queste papere è che san volare fuori del pericolo. Poi però ritornano sull'asfalto per giocare con un bimbo, che cammina a gattoni ridendo e piangendo, così da bagnare il bavaglino azzurro di lacrime.
Si anima tutta la scena, c'è perfino un aeroplano che l'attraversa lassù e, sotto, un bambino di pelle scura con gli occhi spalancati che ti fa cenno con un gesto di saluto; sta dentro un giardino con alberi radi, che proiettano ombre lunghe attraverso tutto il proscenio.
C'è pure una pecora con manto di lana scozzese che fa sfoggio di tutta la sua ricchezza e... mamma mia, accidenti! Cosa sta accadendo del cielo? Un disco volante lancia un fascio di luce al suolo, risucchiando un'altra pecora per farne bottino. Di certo i marziani si sono confusi e l'hanno scambiata per un bimbo umano! Una chioccia gli viene in aiuto volando come un caccia da guerra.
Nel bosco si son rintanati animali blu, cercando di mimetizzarsi con piante di quercia dalle larghe foglie. Ormai è una scorribanda: oche, anatre e pinguini spuntano da tutti i lati, sfondando le nuvole; altri seduti nel prato stanno a godersi lo spettacolo. In mezzo si nota un bambino appena uscito dal guscio.
La nebbia fa cambiare scena e dal basso si legge nello spazio un altro uccello protetto da piante leggere, che distribuiscono le foglie nell'aria, respirando. La foresta si fa sempre più fitta d'alberi che vibrano per il vento che l'attraversa. Si può indovinare il sibilo che ne esce, mentre foglie a manciate navigano spinte da quella tempesta. Un bimbo dagl'occhi socchiusi, nudo e in posizione yoga, da guru, medita tranquillo, leggendo nella sua estasi scritti concentrici a piccoli cubi, che galleggiano nell'aria della propria visione. Sotto, il mare è attraversato da pesci in branco che galleggiano muovendosi lenti dentro l'azzurro, e, sopra il piano del mare, sorge un coccodrillo che naviga assonnato fra le foglie galleggianti; appresso appaiono altre figure insolite, in una sequenza dell'assurdo ricolma di verità, così palese che ti incanta.
Questa è la pittura di Paolo Bordino detto da tutti Pao, anche dalle ochette e dai pinguini.
Jacopo Perfetti
2010
Mondotondo
Pao è un visionario della superficie, un alchimista del colore che fonde il surrealismo pop di Murakami con la schiettezza street di Keith Haring attraverso immaginifici paradossi macchiati da una costante ironia tipica del post modernismo. Le sue opere sono una vertigine pop che, tanto in strada quanto in studio, crea nuove forme d’interazione e situazionistiche interpretazioni del quotidiano. Pao nasce nel 1977, l’anno del Punk e di GuerreStellari. Mentre i Sex Pistols violentavano le vette delle classifiche inglesi con il loro primo album Never Mind the Bollocks, Here’s the Sex Pistols, tutto il mondo veniva travolto dalla saga più pop di tutti i tempi e dalla sua icona più famosa, Luke Skywalker. Due mondi diametralmente opposti che, per un breve istante storico, hanno convissuto allargando e stravolgendo le concezioni storiche della cultura pop. La profondità di questo momento in cui tutto sembrava un’allucinazione iconica nata dalle luci mediatiche di una nuova era, ha caratterizzato il DNA artistico di Pao fin dalle sue prime espressioni in strada. Quello che Pao rappresenta con le sue opere è un mondo fantastico dove i soggetti dialogano con un contesto stravolto e surreale creando vertiginose deformazioni della superficie narrativa. Un’alterazione dalle cromie squillanti che lascia lo spettatore spiazzato di fronte ad astute anamorfosi e prospettive visionarie. Conosco Pao dal 2002, quando ci siamo incontrati per la prima volta durante la seconda edizione dell’happening “Illegal Art Show” e, fin da allora, quello che più mi ha colpito della sua arte è la sfida costante con la superficie e la capacità di tramutare la materia in qualcosa di ironico e animato. Attraverso questo velo espressivo, Pao ha tradotto l’emozione di anonimi oggetti urbani trasformando grigi paracarri in pinguini, dissuasori della sosta in delfini, pali della luce in margherite bianche, semafori in palme, bagni pubblici in lattine di Campbell’s. Con Pao il rapporto tra l’artista e la superficie pittorica è diventato uno stimolo per creare nuovi dialoghi con lo spettatore e per andare oltre la profondità bidimensionale della tela. Significativa in questo percorso, è stata l’opera Il velo di Maya del 2007 esposta per la prima volta al Padiglione di Arte Contemporanea di Milano all’interno dell’esposizione “Street Art Sweet Art” nel marzo 2007. Per molti degli artisti invitati a partecipare, questa mostra ha segnato un momento di passaggio molto critico che ha presupposto una necessaria riflessione, tanto concettuale quanto stilistica, sul tema della propria arte prosciugata del fattore street che ne aveva rappresentato fino a quel momento la comune matrice. È stato un momento molto intenso, che ho avuto il piacere di vivere in ogni attimo come artefice della mostra e che mi ha dato la possibilità di scorgere chi, tra gli artisti invitati, avesse la sensibilità e la profondità necessaria per mantenere viva la forza della propria arte anche fuori dalla strada. Dopo tre anni, confermo la sensazione che mi suscitò l’opera Il velo di Maya la prima volta che la vidi. Pao era riuscito a trasferire anche su tela tutta la magia, l’atmosfera e la forte interazione con il fruitore creata durante il suo lungo lavoro in strada. Questo è il suo DNA, un dialogo ironico e costante con il pubblico, che affonda i soggetti delle sue opere oltre la superficie e li sprofonda in una terza dimensione. Per godere di un’opera di Pao bisogna avvicinarsi, brucarne i colori come in una tela di Van Gogh o in un lungometraggio di Miyazaki, perdersi nelle geometrie astratte e nelle loro sensuali rotondità. Buon divertimento.
Titolo: MondoTondo, catalogo mostra personale di PAO
Curatore: Federico Sardella
Editore: Skira
Anno: 2010
Pagine: 112
ISBN: 987-88-572-0682-0
Titolo: Urbanpainting Xmas Show, Arte Urbana Contemporanea
Curatore: Luigi Mauri e Tatiana Belluzzo
Anno:2009
Pagine: 82
Catalogo: 44+1 AutoriRitratti - fotografia e street Art gioco a due
Editore: Vallecchi
Anno: 2009
Foto di: Marina Alessi
Testi: Dario Fò e Roberto Mutti
Pagine: 105
ISBN: 978-88-8427-145-7
Olivia Spatola
2009
Strada Facendo, Torino.
Sono personaggi che potrebbero essere usciti da un fumetto per bambini o da un videogioco quelli inventati e realizzati da Pao, simpatici animaletti dalle fattezze incomprensibilmente simili e "nullomorfe",dipinti e lasciati per strada non a ricoprire o abbellire oggetti, ma essendo loro stessi, in tutto e per tutto, oggetti d'arredamento e design urbano. E' come ritrovarsi all'improvviso sprofondati e catapultati nelle vicende cittadine di un cartone animato surreale ed impertinente: il luogo potrebbe anche chiamarsi "Paopoli" oppure "Pao Pao Town", ma poco importa se ciò che conta è invece quella propria capacità dell'artista di divertire presumibilmente divertendosi, lasciando che ci si faccia scaraventare nell'abisso dove solo se inventati ci si possa immaginare, curiosi di un mondo colorato e fantasticato, volontariamente ricondotto nella dimensione alienante e schizoide di un universo completamente altro. Non è forse sufficiente definire installazioni quelle micronarrazioni raccontate da Pao, autentiche mini – situazioni teatrali tra il grottesco e l'esilarante, operazioni del tutto ludiche, ma che esauriscono fino in fondo – in maniera dannatamente brillante ed inaspettata – le risorse estetiche e formali di un artista. Sono sketch a metà tra la sit – com ed il cartone animato quasi colto, là dove il massimo della semplicità diventa addirittura inintelligibile, vanificando qualsiasi tentativo di comprensione semplicemente perché qualcosa da capire, in realtà, non c'è. Quella precisa scelta stilistica delle forme arrotondate riporta alla mente quasi un Pac – Man contemporaneo, a volte più cattivo e cinico, altre più innocuo e quasi pacifico. Questi piccoli personaggi variamente colorati e disseminati rischiano di diventare oggetti di culto e da collezione ( non privata ma, ovviamente, pubblica) nell'istante in cui acquistano una loro specifica visibilità in una dimensione baroccheggiante ed autocitazionista, senza che disperdano nulla del proprio contenuto costante, diretto ed immediato.
Titolo: 101 cose da fare a Milano almeno una volta nella vita
Editore: Newton Compton Editori
Autore: Micol Arianna Beltramini
Anno: 2008
Pagine: 285
Note: Capitolo 63 "Street Art Sweet Art: Murales e molto altro"
ISBN: 978-88-541-1222-3
"Perdersi tra meandri e leggende nella cattedrale gotica più bella del mondo.
Trovarsi di fronte di punto in bianco uno stormo di fenicotteri rosa.
Godersi la quiete del Quadrilatero del Silenzio.
Amoreggiare al Monte Stella.
Contare le colonne di San Lorenzo Maggiore.
Giocare al telefono senza fili in Piazza Mercanti.
Capire cos'è davvero il Codice da Vinci all'Ambrosiana.
Prendere parte a un'Ultima Cena molto speciale.
Visitare il museo all'aperto della Milano Liberty di Porta Venezia."
Titolo: Festival delle lettere, catalogo della mostra
A cura di: Buste dipinte
Anno: 2009
Titolo: 400ml. The Collection
Anno: 2008
Editore: Kitchen 93, France
Pagine: 432pp/400 a colori
Lingua: Testo in francese ed inglese
Catalogo della collezione di 400 opere realizzate su bombolette spray, Pao è tra gli artisti invitati.
La bomboletta spray è uno dei simboli emblematici della street art, sia per gli intenditori che per gli artisti di questo movimento. Il limite per la collezione è stato fissato a 400 spraycans in riferimento ai contenuti standard di uno spray, 400 ml.
Questo libro presenta questa collezione unica di 400 opere originali di artisti provenienti da tutto il mondo, ciascuna con le stesse specifiche: personalizzare uno spray vuoto da 400 ml.
Chiara Canali
2008
Sold-Out, Limbiate (Mi)
In che modo è nata in te l'idea di dipingere i paracarri stradali realizzati da Enzo Mari come forma di arredo urbano nell'icona pop del pinguino urbano?
Ho iniziato a dipingere per strada nell'anno 2000. In quel periodo stavo disegnando un fumetto il cui protagonista era assai tozzo e goffo. Un giorno, camminando per strada, ho incrociato un paracarro sporco di colore, e subito pensai che assomigliava al mio fumetto e che avrei potuto trasformare il "panettone" in una creatura viva. Un po' per gioco, decisi che bisognava provare, ed una notte realizzai i primi pinguini urbani.
Fin da subito mi accorsi che questi miei segni non passavano inosservati, ma venivano apprezzati dai passanti. Pian piano presi consapevolezza del gesto istintivo che avevo compiuto, così decisi di dare una continuità ai miei primi tentativi, realizzando un intervento su larga scala su tutto il territorio cittadino. Le reazioni dei cittadini alla mia decorazione abusiva di "panettoni" sono state completamente positive, ho raccolto innumerevoli ringraziamenti per rendere questa città meno grigia e per portare un po' di colore in una metropoli che spesso sacrifica i suoi stessi abitanti.
Dopo i pinguini, sono nate altre forme di intervento underground nella città, come per es. i dissuasori di sosta trasformati nelle pinne di delfini dipinti sulla strada a dimensioni reali. Cosa significa per te confrontarti con la macro scala della città?
Intervenire nello spazio pubblico per me vuol dire avere bene in mente che ti confronti con la collettività. Cerco sempre di suscitare reazioni positive e quindi scelgo con cura i luoghi dove intervenire. Mi piace creare divertimento, reinterpretando angoli grigi della città, ma al tempo stesso mi piace spiazzare i benpensanti, portando avanti un'arte fatta in segreto per la gente, un'arte che si suppone non debba esistere.
Assieme all'azione metropolitana stai portando avanti una serie di opere su tela che sono spesso autoritratti o ritratti di persone che conosci e che ti circondano nella vita di ogni giorno. Che significato attribuisci a questa forma di espressione rispetto al resto della tua produzione?
Per un lungo periodo ho sempre preferito trovare superfici alternative alla tela, superfici come muri e forme urbane che mi davano più stimoli creativi e mi permettevano di agire liberamente senza regole prestabilite.
In un naturale percorso di crescita ho sentito la necessità di confrontarmi con altre espressioni artistiche, più tradizionali rispetto alla mia precedente produzione.
Iniziare a dipingere su tela ha rappresentato per me una presa di coscienza, nonché un necessario maggiore impegno.
Non avendo fatto studi artistici, come autodidatta ho realizzato una serie di dipinti con i quali poter incrementare le mie capacità tecniche e il mio bagaglio culturale. La serie di opere di cui parli. rappresentano una fase di studio della realtà. I ritratti in questo caso non sono il fine, ma strumenti con i quali esprimere altri concetti.
Utilizzare persone reali come soggetti per i personaggi dei miei quadri mi permette di incrementare i piani di lettura dell'opera, nella quale elementi reali convivono con elementi fantastici.
Titolo: Scala Mercalli - Il terremoto creativo della street art italiana
Curatore: Gianluca Marziani
Editore: Drago
Anno: 2008
Lingua: italiano - inglese
ISBN: 978-88-88493-42-8
Catalogo: Sold-out - Urban Art & Recycling Style
Curatore: Chiara Canali
Editore: Silvana Editore
Anno: 2008
Pagine: 96 + DVD
Lingua: italiano, english
Titolo: Marketing non convenzionale - Viral, Guerrilla, Tribal e i 10 principi fondamentali del marketing postmoderno
Autori: Bernard Cova, Alex Giordano, Mirko Pallera
Editore: Il sole 24 ore
Anno: 2007
Pagine: 278
Lingua: italiano
ISBN: 978-88-8363-893-0
Jacopo Perfetti
2007
Street Art Sweet Art, Milano.
La street art è indomabile, sexy e caustica. Non ha confini predefiniti, provoca con sensualità e altera le superfici con cui viene a contatto. Colpisce e si dilaga come un virus che fa della strada il proprio media e del graffio il proprio strumento di propaganda. Nata dalla caotica spontaneità improvvisata di Twombly e dal primitivismo "bruto" e informale di Dubuffet, la street art è la risposta artistica al cannibalismo consumistico e al bombardamento mediatico di fine secolo. Soffoca l'horror vacui della città in una vertigine di adesivi, stencil e manifesti che ricoprono muri, pali e palazzi, trasformando situazioni urbane in opere di arte contemporanea pubblicamente fruibili. Quello che mi ha sempre affascinato della street art è la sua anima punk. Quella nata nel ghetto alla fine degli anni Settanta. Quella di A. One, di Ronnie Cutrone e di Basquiat. Quella scolpita sui muri di New York, città-tempio della cultura post moderna, dove Futura 2000, Buggiani, Haring, Taki 183 facevano del contorno urbano la propria galleria a cielo aperto, lasciandosi guidare unicamente da una pulsione interna che come una bomba liberava fuochi e colori nell'aria. E' molto difficile trovare la stessa energia in altre espressioni artistiche. Perché l'arte, da Duchamp in poi, si è chiusa in se stessa alimentata da un circolo vizioso di gallerie e musei che ne hanno soffocato l'istinto e sbiadito i colori. Dopo sei anni di street art e dopo sedici edizioni dell' Illegal Art Show ancora sento il bisogno di godere di questa energia. Di godere dell'effimera monumentalità di un'arte No future, di un'arte nata sui muri, fruita quando ancora la vernice è fresca e cola tra le insenature di una superficie ruvida che gli dona vita. Questa è la vera potenza della street art, la sua genuinità. Perché chi dipinge su un muro lo fa solo per il bisogno di fare arte, per il bisogno di conquistare spazi che gli vengono negati, per dare il suo contributo al prossimo. Per stupirlo, per irretirlo, per donargli una parte di sé. Un'opera di street art non può essere venduta. Non segue direttive esterne da chi la produce. E' estranea a qualsiasi dinamica corrosiva e claustrofobica. Annulla qualsiasi intermediario e riporta l'Arte a parlare con il proprio pubblico. Perché la street art più che un movimento è un mezzo di espressione applicabile a qualsiasi declinazione artistica. Dalla pittura alla poesia. Dalla scultura alla fotografia. La street art scuote la dialettica artista - fruitore in un'interazione mobile e avvolgente. Sorprende e trasmuta. Crea significato. Inganna, affabula e adesca. Non è uno stile - è una necessità di comunicare. L'assalto poetico di ivan, i lemeri di Linda, le gigantografie di Abbominevole, le donne timide e sensuali di Nais e i puppets rock star di Tvboy, gli scarafaggi urbani di Pus e i pinguini metropolitani di Pao sono tutti metonimie di una grande corrente che scorre dentro la città generando fermento e caos sotto gli occhi di tutti. La vera essenza della street art è la collettività. Ogni artista è parte di un'opera collettiva che si frantuma tra le vie della polis creando significanti molteplici di un significato unico. L'iter classico di fruizione artistica viene spezzato, tagliato e riproposto come in un film di Tarantino dove le scene si mescolano e i personaggi si confondono in un post situazionismo nato dalle ceneri dello spettacolo moderno. Street art a Milano vuol dire passare dai murales di Bros e Sonda ai manifesti di Bo130 e Microbo, dalle rivisitazioni neoclassiche di Ozmo ai detournement neovintage di Dade per ritornare ancora, dopo pochi metri, alle installazioni di Bros. Nel pensare l'allestimento della mostra Street Art Sweet Art abbiamo cercato di mantenere vivo questo senso di decostruzione del percorso espositivo alternando installazioni e opere di artisti diversi in un mix di stili e forme che contemplasse tutte le divagazione di un'arte poliforme che spesso scivola in declinazioni non-artistiche. Non a caso parte della mostra è dedicata a tutti i prodotti (magliette, gadgets, toys, borse, poster...) derivanti dalla street art che, dal Pop Shop della coppia d'oro Haring/Warhol in poi, hanno caratterizzato questa espressione artistica. La street art è dunque una decostruzione ingegnosa di un contesto popolare, anonimo e indefinito che diviene oggetto di un significato nuovo, artistico e contemporaneo. Perché la street art trasforma, scolpisce e inventa situazioni nuove bucando la vertigine di un percorso artistico preconfezionato fatto di gallerie e televisioni mercato. Ed eccoci al cuore di questa mostra e alla difficile definizione di un'estetica nata dalla precarietà di un'arte site-specific che, come per altre espressioni artistiche, land art in testa, è difficilmente riproducibile in un contesto differente da quello originario. La street art è un'arte partorita per decontestualizzare un contesto che occupa e di cui diviene parte inscindibile. Definire, dentro i contorni estetici di un'istituzionalità altra, l'immaginario di un'arte nuova derivante da una comune matrice di stampo urbano, non è stata un'impresa facile. Quello che abbiamo voluto proporre in questa mostra è dunque l'esperienza immaginaria di un luogo che non c'è. Un Walhalla ideale di una street art slegata dalla street, per interrogarci su di un'estetica possibile e su uno sviluppo che, spero, non si allontanerà troppo dalle sue origini. "The truth is out there".